giovedì 17 dicembre 2009

Parnassus

E’ difficile avvicinarsi all’ultimo film di Terry Gilliam mantenendo una certa lucidità critica, o qualcosa del genere. Perché The Imaginarium of Doctor Parnassus come opera dell’arte cinematografica non può essere “giudicato” senza avere ben presenti le vicende che ne hanno sconvolto il processo produttivo. Scrivo questo sentendomi quasi in colpa: vidi il film ormai quasi due mesi fa e non mi piacque, o perlomeno non mi convinse del tutto. L’avevo trovato noioso e pesante, non ben riuscito come racconto, insomma non all’altezza del suo autore. Stamattina, per rinfrescarmi la memoria prima di mettermi a scrivere – in sostanza per non dire puttanate sul film – sono andato a leggermi la voce di Wikipedia su The Imaginarium. E ho scoperto un sacco di cose che non sapevo. Cioè, sapevo che questo era l’ultimo film di Heath Ledger, ma non molto altro; e leggendo ho appreso che Heath morì a circa un terzo delle riprese. Il film era costruito intorno a lui, nel senso che il coinvolgimento di Ledger era stato un fattore chiave per il finanziamento dell’opera. Quando Gilliam apprese della morte dell’attore a New York pensò in un primo momento che l’avventura sarebbe semplicemente finita lì; ma poi, determinato a salvare il film, si mise a cercare un modo per proseguire le riprese. Inizialmente considerò l’ipotesi di utilizzare la grafica computerizzata, ma poi ebbe un’idea che – vista da qui e ora – appare abbastanza geniale: se il personaggio interpretato da Heath Ledger, Tony, può viaggiare all’interno della mente di qualcun altro, cosa impedisce di pensare che egli possa cambiare aspetto ad ogni viaggio, a seconda delle innumerevoli “variabilità interiori” che caratterizzano l’interiorità di ciascuno di noi esseri umani? E così Gilliam chiamò alla sua corte l’amico Johnny Depp, con cui aveva già condiviso il disastro produttivo di The Man Who Killed Don Quixote, e altri due pezzi da novanta come Jude Law e Colin Farrell, amici di Ledger: tutti per interpretare il ruolo di Tony, mutevole d’apparenza nella mente cangiante del dottor Parnassus (Christopher Plummer). Ed ecco che la tragedia della morte, e con essa una difficoltà produttiva apparentemente insuperabile, si trasfigura nella luce della finzione cinematografica.

Rimango del parere che questo non sia da annoverare fra i più alti vertici dell’arte di Gilliam: la sceneggiatura (che non è stata cambiata in nulla nonostante i problemi) è un po’ stracca, il racconto coinvolge fino a un certo punto e la proverbiale visionarietà dell’autore sembra un po’ appannata… Ma il film merita di essere visto non soltanto per lo sforzo immane che ha richiesto e per l’affetto verso Heath Ledger di cui è intriso. Almeno le interpretazioni infatti non si possono discutere: sappiamo bene chi fosse Ledger e chi siano i suoi tre comprimari/sostituti; Plummer è un mostro sacro e vederlo all’opera fa sempre bene; e, last ma assolutamente non least, Tom Waits che fa la parte del Diavolo varrebbe già di per sé l’intero film.