mercoledì 21 novembre 2007

Ai confini del Paradiso

Fatih Akin è nato nel 1973. Non l'avrei mai detto, specialmente dopo aver visto il suo ultimo, bellissimo Auf der anderen Seite (il titolo turco è Yasamin kiyisinda). Un film del tutto diverso dal precedente Gegen die wand (uscito in Italia con lo stupido titolo La sposa turca, quando la traduzione letterale sarebbe stata perfetta: "Contro il muro"); avevo molto amato anche quel film, ma gli preferisco quest'ultimo: perché Akin, a 34 anni, ha alzato la posta scrivendo e dirigendo un'opera di gran lunga più complessa, misteriosa e struggente. La sceneggiatura è davvero splendida, ed è costruita con sapienza impressionante: il copione, vincitore a Cannes 2007, è tecnicamente ineccepibile nell'incrociare i destini di diversi personaggi, così come nell'inusuale e perfetta architettura narrativa; nello stesso tempo, mostra una profonda attenzione alla psicologia dei singoli personaggi, superbamente delineati durante i molti cambiamenti che le loro esistenze gli impongono. Il merito maggiore della scrittura di Akin è quello di saper stemperare la propria possente geometria nell'emozione che scaturisce dalle relazioni fra i personaggi, trasformandosi così in racconto mirabile. Come in quasi tutti i film del regista turco-tedesco, gli avvenimenti si svolgono fra la Germania, a Brema, e la Turchia, a Istanbul e Trebisonda: questo contrasto fra le due estremità dell' Europa che fondano l'identità stessa del regista di Amburgo, oltre a sostanziare le simmetrie incrociate che stanno alla base del film, sottolinea la distanza fra i personaggi e la loro volontà, o non volontà, di ritrovarsi. Ottime le recitazioni di tutti i protagonisti, intensi e seducenti.

sabato 17 novembre 2007

Dedicato (con invidia) a chi sa ancora sperare

Questa mattina ho trovato su BlogBabel il link a questo articolo di Repubblica. L'articolo risale a un giorno e quattro ore fa (in questo momento), il fatto a cui si riferisce lo precede di un giorno. Tutti i giorni visito più volte il portale web dell'Ansa, dove questa "notizia" non è mai apparsa. Sul nuovo sito del Corriere, nemmeno. Nulla nei TG. Un fatto senza peso? Su BlogBabel si può trovare la discussione (assai esile) che l'articolo ha generato nella blogosfera italiana: non ho quasi nulla da aggiungere, a parte che in alcuni interventi ho notato una certa propensione a ignorare i possibili significati del fatto riportato, per concentrarsi su aspetti "tecno-sociologici" o addirittura per giustificare, banalmente e con motivazioni assurde e incomprensibili, gli autori del gesto. Nessuna rilevanza data all'aspetto "razziale" della vicenda, per fortuna. Segno che l'integrazione ha smesso di essere un problema? Lo spero. Per quanto mi riguarda, rimango attonito e allibito, in un silenzio interrogativo che non otterrà risposta alcuna, evidentemente. Per inciso, l'Ansa riporta in queste ore un'altro evento agghiacciante, accaduto negli Stati Uniti ma legato al precedente da un filo ancora quasi invisibile: il filo che conduce alla faccia più oscura della tecnologia, a ciò di cui si parla soltanto per lanci d'agenzia (quando capita) o brevi flash mediatici destinati all'evanescenza. Ma il bullismo elettronico, fenomeno in Italia ancora ignorato, non resterà a lungo una semplice etichetta da appiccicare a fatti di cronaca nei quali la violenza giovanile si mescola all'utilizzo "pop" della telematica: c'è ben altro in ballo. Il cyberbullying è soltanto uno degli aspetti sensibili della rivoluzione in corso, oscura e inquietante. Non ho idea di cosa stia accadendo; immagino abbia a che fare con la tecnologia e la scienza e con l'impatto che esse avranno sulle vite e sulle coscienze, rimodellandole in modo imprevedibile; e non saranno soltanto rose e viole, questo è certo. L'onda è ancora lontana, ma si avvicina alla riva. Saremo pronti? Non credo.

lunedì 12 novembre 2007

The Bourne Ultimatum

Avevo visto il primo film della serie quando era uscito, qualche anno fa, e mi ero divertito molto. Poi ho visto in DVD il secondo, che era molto diverso dal primo, e mi aveva detto poco (forse, anzi sicuramente, perché non l'avevo visto sul grande schermo, e in una sala buia: andare al cinema fa ancora molta differenza, anche per un action movie). Infine ho visto il terzo episodio, che invece è davvero uno spettacolo pirotecnico, pura adrenalina, una goduria. The Bourne Ultimatum, come il capitolo precedente The Bourne Supremacy, è diretto da Paul Greengrass (Bloody Sunday, United 93) e scritto da Tony Gilroy; il primo episodio invece era diretto da Doug Liman e si vedeva, perché c'era meno azione e qualche articolato tentativo di introspezione, se non ricordo male. Greengrass e Gilroy hanno cambiato molto il personaggio, lavorando di sottrazione e compensando con un copione a prova di bomba e dosi massicce di montaggio tarantolato più macchina a mano, condendo infine il tutto con repentini cambi di ambientazione (Ultimatum è stato girato a Mosca, Londra, Torino, Madrid, Tangeri e infine New York). Matt Damon è talmente bravo che il suo personaggio, un ex assassino della CIA vittima di un programma di addestramento "sperimentale", riesce ancora a sembrare un essere umano nonostante il volto costantemente corrucciato e la (finta, voluta, apparente) inespressività. La saga è stata tratta da un romanzo di Robert Ludlum: non so quanto vi sia del testo di partenza, ma so che in platea tocca trattenere il fiato per quasi due ore, incollati alla poltrona. Anche questo è Cinema, per fortuna.