Il resto della notte
Se devo dire la verità, non credo che l'ultimo film di Francesco Munzi sia all'altezza del precedente Saimir. E' vero d'altronde che si tratta di un film più complesso e quindi più difficile: e non parlo soltanto del fatto che Il resto della notte è un'opera a più voci, mentre Saimir aveva, per così dire, un unico protagonista; anzi, il regista segue con la consueta dedizione e umanità tutti i suoi personaggi, ed è facile per lo spettatore empatizzare con ciascuno di essi dopo essere entrato nelle loro esistenze, accompagnato dallo sguardo preciso della regia. Il problema del film, al quale bisogna riconoscere una grande potenza descrittiva e una decisa onestà, è che non raggiunge una forma. Se Munzi cercava di proseguire lungo la strada del film precedente, conciliando introspezione profonda e analisi lucida del fenomeno sociale dell'immigrazione clandestina, bisogna dire che Il resto della notte non è riuscito nell'intento. E anzi, a mio parere il film non funziona nè sul piano dell'analisi sociale nè tantomeno su quello dell'interiorità dei personaggi: lo sguardo del film sulla Torino dei sans-papiers e della comunità rumena in particolare è nitido nella descrizione degli ambienti e delle dinamiche "di superficie" (microcriminalità, frizioni fra le diverse etnie) ma non dà conto delle ragioni profonde del disagio. Il vero punto dolente del film è però la psicologia: che abitino a Porta Palazzo o in una villa in collina, gli uomini e le donne raccontati nel film sono incongrui e disarticolati, privi di linee di condotta non dico logiche, ma almeno consequenziali. Nonostante la recitazione molto buona del cast (Sandra Ceccarelli, Stefano Cassetti, Aurélien Recoing, Laura Vasiliu, Constantin Lupescu, Victor Cosma, Valentina Cervi) nessuno dei personaggi è del tutto credibile, se non forse quello di Marco (Cassetti), un italiano tossicodipendente che lotta per conquistare il rispetto del figlioletto e che è forse il vero protagonista della vicenda. Ad ogni modo, Francesco Munzi rimane secondo me un buon autore, che può crescere ancora molto: aspetto con fiducia il suo prossimo lavoro.
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