Across the Universe
Un interessante ma freddino concept movie. Così definirei Across the Universe, ultimo film di Julie Taymor (il suo precedente è il ben noto Frida, ma la Taymor è soprattutto una regista teatrale, qui qualche notizia). Curiosa coincidenza che questo film esca a poca distanza dal bellissimo I'm not there, con il quale condivide l'idea di base: partire dalle canzoni e dalle biografie di mostri sacri della musica "pop" contemporanea (là Bob Dylan, qui i Beatles) e cercare di ricavarne storie buone per lo schermo. La Taymor non è Todd Haynes, e Across the Universe è assai diverso da I'm not there, anche se non proprio da buttare. Qui il canone del musical è il punto di riferimento principale: le canzoni dei Beatles cantate dagli attori sono gli snodi del film e il suo punto forte, anzi si può dire che il copione sia stato sviluppato usando i pezzi più gloriosi dei Fab Four come puntelli. Poi ci sono altre amenità: Jude, il protagonista, arriva a New York da Liverpool all'inizio dei '60 scorsi e porta un caschetto inconfondibile, mentre Lucy perde il fidanzato in Vietnam e si trasferisce a sua volta nella Grande Mela, in un appartamento assieme a Sadie (tipa assai sexy che canta come Janis Joplin), alla cara Prudence e a un chitarrista di colore che suona e veste come Jimi Hendrix e ha una storia con Sadie. Un altro inquilino dell'appartamento, Max, somiglia un po' troppo a Kurt Cobain, mentre fanno comparsate i veri Joe Cocker e Bono Vox. Detto questo, a tratti il film è una vera palla, specialmente negli inserti psichedelici virati in acido; ma alla fine il baraccone resta in piedi, grazie alla dose massiccia di immaginario pre- e post-sessantottino post-modernamente riciclato per l'occasione. Soltanto una domanda: che bisogno c'era?
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