Il mio amico giardiniere
Splendido, commovente, Dialogue avec mon jardinier è fatto con quel poco che abbiamo al di qua dello schermo: parole, luoghi, attese, sentimenti. Eppure quel che ci sembra così poco da questa parte dello schermo è come trasfigurato e mostrato per quello che davvero è, nel magnifico film di Jean Becker. Ovvero, quello che ci può salvare, ciò che dà sostanza e valore al nostro esistere. E' affascinante il modo in cui Becker pare non seguire uno schema, o addirittura un copione: la spontaneità dei suoi personaggi è emozionante, il pittore Daniel Auteuil e il giardiniere Jean-Pierre Darroussin - straordinarie le interpretazioni - sono imperfetti, contraddittori, umorali, reticenti in maniera mirabile; non ci sono eroismi o abissi, ma piuttosto una affezione silenziosa e umile, quasi reticente, per gli eventi della quotidianità. A differenza di quel che accade nel cinema di Rohmer, la narrazione lascia spazio nel finale a una sorta di epigrafe - umile e leggera come tutto ciò che l'ha preceduta - che svela brevemente, quasi di sfuggita, il nucleo tematico del film. Il mio amico giardiniere ha molto da insegnare, ma non si mette mai in cattedra; e si saluta il film con gratitudine, conservando ricordi di persone, non di semplici personaggi.
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