In Bruges
Sicuramente uno dei migliori film dell'anno, In Bruges è diretto da Martin McDonagh, un drammaturgo londinese di origini irlandesi. McDonagh aveva vinto un oscar per il miglior cortometraggio, Six Shooters, nel 2006; In Bruges è il suo primo copione per un lungometraggio. Non c'è nulla di sbagliato: un soggetto davvero originale, l'ambientazione insolita e significativa, una sceneggiatura che tiene in equilibrio perfetto i due protagonisti, senza sbilanciarsi al momento dell'arrivo dell'antagonista; i dialoghi sono splendidamente volgari e insolenti ma capaci di svelare l'anima dei personaggi, senza alcun macchiettismo; il tutto in un'atmosfera metafisica ma non propriamente antinaturalistica, in cui anche i comprimari sono ottimamente tratteggiati, e credibili. La grandezza del film sta nel suo essere al di là dei generi e delle convenzioni narrative: storia nera, commedia, insieme di sketch riuscitissimi, battute fulminanti, dubbi escatologici, indagine morale... Tutto questo insieme, eppure nella somma le parti si amalgamano e divengono indistinguibili. E alla fine ci si chiede se In Bruges non voglia essere, con mirabile cinismo, soltanto uno stupendo divertissement che suscita domande importanti per poi ridere in faccia allo spettatore, rispondendogli: non ci sono risposte, pensa solo a divertirti finchè puoi. Chi è più bravo fra Colin Farrell, Brendan Gleeson e Ralph Fiennes? Non saprei proprio dirlo, sono tutti davvero grandi.
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