Inland Empire
Sublime. Letteralmente. Il mio eroe David Lynch è tornato, e lascia senza respiro. Inland Empire è un capolavoro, lo sento; ma credo sia opportuno, come in fondo fa lo stesso film con il proprio corpo, uscire da se stessi e dalle proprie categorizzazioni del cinema per poterlo sentire fino in fondo. Dico "sentire" perchè avrei seri problemi a parlare di questo film facendone un'analisi, ovvero seguendo schemi consueti e tentando come al solito di "smontare il giocattolo" per giungere a una comprensione più o meno soddisfacente e definitiva. Il giocattolo qui non si lascia smontare, mirabilmente, e anzi è esso a cercare in tutti i modi di smontare il nostro sguardo, le nostre certezze e i nostri desideri di spettatori. Bisogna essere disposti a lasciarsi andare con Inland Empire, e predisporsi a essere attraversati dal film, un flusso di pensiero Altro con il quale fondersi, per poi iniziare (in-de-finitamente) a modellarlo, provare a tentoni a farlo nostro. Il digitale è la materia ideale per questo viaggio, immagine senza referente, non più indice ma soltanto icona, un magma da manipolare e deformare: peso e leggerezza nella medesima sostanza. Fellini ha detto: "non voglio dimostrare nulla, voglio mostrare"; e Lynch continua a chiedere: "se una storia si può raccontare, perché farne un film?". Sublime.
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