Cous Cous
Bellissimo, ammaliante: La graine et le mulet (letteralmente: "il grano e il cefalo", ingredienti principali del cous-cous di pesce) è il terzo lavoro del franco-tunisino Abdellatif Kechiche dopo Tutta colpa di Voltaire (La faute à Voltaire, 2000) e La Schivata (L'Esquive, 2003). E' un'opera carnale, piena di sensualità, dalla fisicità sfrontata e irresistibile; eppure è anche metafora, fiaba, racconto morale. Nel far toccare questi estremi Kechiche utilizza un linguaggio filmico peculiare e affascinante, fatto di lunghe scene di dialogo che si protraggono apparentemente oltre il dovuto, primissimi piani dei protagonisti, mobilità fluida ma incessante della macchina da presa e fotografia "sporca", iperrealistica. Come in una sinfonia, la narrazione dispiega il suo climax sapientemente, partendo con lentezza e malinconia per lasciare infine senza respiro lo spettatore. Molti personaggi - alcuni più centrali, tutti ben delineati e recitati - e diversi i temi: la famiglia, l'integrazione (il film è ambientato a Sète, piccolo porto mediterraneo 200 chilometri a ovest di Marsiglia) ma anche i rapporti d'amore e amicizia dentro e fuori la comunità magrebina. Così lo splendido piatto che dà il titolo al film diventa correlativo oggettivo di una bella idea di convivenza, senza retorica nè becere consolazioni risolutive (anzi, il finale è apertissimo). Davvero da non perdere.
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