Il mio Paese
Nel 1960 il grande Joris Ivens, su commissione dell'allora presidente dell'ENI Enrico Mattei, girò il documentario L'Italia non è un Pese povero (vedere http://www.eni.it/cultura-energia/ita/cinema/cinema_eni_milano_ita.htm), commmissionato al fine di rendere noti all'opinione pubblica i potenziali benefici economici derivanti all'Italia dall'estrazione degli idrocarburi. Il documentario era un viaggio nel Paese da nord a sud che, mentre dava conto dei progressi nell'industria estrattiva nazionale, raccontava in modo inedito la vita della popolazione in alcune zone della penisola: dalla Valle Padana passando per Venezia e Ravenna fino ad arrivare alle regioni meridionali, con tappa finale a Gela. Il film avrebbe dovuto essere trasmesso dalla RAI, ma venne distrutto dalla censura che lo mandò infine in onda, diversi anni più tardi, con il beffardo titolo Frammenti di un film di Joris Ivens.
Tra il 2005 e il 2006 Daniele Vicari, uno dei registi più promettenti della nostra scena, già autore di Velocità Massima e del bellissimo L'orizzonte degli eventi, ha percorso in direzione contraria il tragitto di Ivens, per raccontare la situazione economica e sociale dei luoghi esplorati quasi cinquant'anni prima dal grande documentarista olandese: è questa la sostanza di Il mio Paese, lungo e pregevole documentario sociale di solida fattura, quasi "classico" nel suo modo di osservare e narrare, e militante al pari del suo predecessore. Al centro del film stanno le visioni del paesaggio italiano, variamente martoriato nell'aspetto e nello spirito: le case della periferia di Gela costruite fra i rifiuti senza alcun piano regolatore, le colline brulle intorno a Melfi, e poi la periferia di Prato, il leviatano di Porto Marghera... Questo centrare lo sguardo sul visibile costituisce la forza del film, ma allo stesso tempo uno dei suoi punti di debolezza, laddove a beneficio dell'osservazione paesaggistica vengono in parte trascurate, o poco approfondite, le storie dei singoli. Le persone e le loro storie sono in alcuni casi trattate in modo troppo episodico, con un eccesso di semplificazione che alla lunga può impedire l'instaurarsi di un legame empatico fra chi vede e chi è veduto.
Ma Il mio Paese rimane un'opera senz'altro degna di interesse, coraggiosa e originale; una nota di merito va anche al paratesto web del film, costituito da un ottimo sito internet (www.ilmiopaese.it) tramite il quale è anche possibile accedere a Il mio Paese 2.0, un grandioso progetto di documentario "condiviso": tramite la piattaforma vlog TheBlogTV, chiunque può inviare un breve video che racconti aspetti della vita quotidiana come il lavoro, il degrado urbano, la scuola o quant'altro; i filmati verranno poi selezionati e montati con la supervisione dello stesso Daniele Vicari, e il documentario che ne scaturirà verrà presentato al prossimo Festival di Bellaria. Bravi, avanti così!
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