giovedì 1 febbraio 2007

Il grande capo

Cosa posso raccontarvi del Grande Capo di Lars Von Trier? Non mi viene in mente molto. La prima cosa che ricordo è la noia. La seconda, che si tratta del regista di Le onde del destino. La terza, forse la spocchia di Lars è cresciuta fino a superare il suo talento, e forse se ne è mangiata un pezzo. La trama del film? Non è molto importante: un attorucolo da strapazzo viene pagato dal dirigente di un'azienda informatica danese per interpretare la parte del grande capo, che i dipendenti non hanno mai incontrato prima; tutto ciò per poter vendere l'azienda a un affarista islandese. Ma le cose non sono come sembrano, come al solito c'è del marcio. Per il film è stato utilizzato un nuovo scellerato sistema di ripresa digitale, l'Automavision: una videocamera fissa comandata da computer che sceglie a casaccio cosa riprendere e quali movimenti di macchina effettuare. Vabbè... In ogni caso Il Grande Capo è una commedia degli equivoci post-Dogma, con personaggi spiacevoli e a tratti repellenti, inquadrature fintamente casuali (perchè il montaggio lo fanno ancora gli esseri umani) e continui ribaltoni di sceneggiatura che finiscono con lo sfiancare il malcapitato spettatore; come se non bastasse, al medesimo spettatore tocca sentirsi apostrofare dalla voce off del regista-narratore-narciso: il quale con le sue spiegazioni tiene soltanto a far capire di essere lui il grande capo, o meglio, il grande capo del Grande Capo; "e coloro che hanno avuto quello che speravano, se lo sono meritato", così più o meno sentenzia la voce sopra le teste dei poveri spettatori, chiudendo il film. Grazie Lars, ma non mi interessa, anzi, non mi interessi più. Non mi importa dei tuoi film girati con i più moderni trabiccoli da ripresa, ma senza musica; nè delle tue autocitazioni e autogiustificazioni, nè tantomeno della tua morale. E la prossima volta che fai un film, cerca di metterci un po' più di cuore, se ancora ne hai.

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