sabato 26 maggio 2007

In memoria di me

Non è facile scrivere dell'ultimo film di Saverio Costanzo, come non sarebbe stato facile scrivere del primo, Private. Costanzo è molto bravo, è già un grande, e In memoria di me è un film bellissimo. Perché? I motivi sono diversi; inizio dal più facile, gli attori. Christo Jivkov è il protagonista, perfetto per il suo ruolo: gli occhi divorano l'intero suo volto, e lo sguardo che da essi scaturisce esprime con pari intensità il dubbio e la paura, ma anche una morbosa curiosità verso il prossimo; e poi il giudizio, quel velo opaco che si frappone fra il nostro animo e quello degli altri, anch'essi con le loro paure e i loro dubbi, per noi sempre meno rilevanti. Oltre che al bravissimo interprete del Mestiere delle Armi, la mia memoria va alla folgorante apparizione di Fausto Russo Alesi, nello straziante ruolo di un giovane che comprende, acutamente e dolorosamente, di avere fatto un grande errore; un ruolo dalle poche parole, tutto affidato al silenzio e allo sguardo, obliquo e sfuggente; spero che Russo Alesi si possa incontrare di nuovo sul grande schermo, e presto. Poi ci sono le interpretazioni di Filippo Timi (nel ruolo più apertamente "intenso" del film, e al quale va la maggiore empatia da parte dell'autore), Marco Baliani (ottimo comprimario: il suo personaggio, di secondo piano, è rivestito di un'umanità profonda ma in qualche modo irrimediabilmente corrotta) e André Hennicke, il Padre Superiore, che vive in un errore non si sa come derivato da buone premesse.
Il silenzio di In memoria di me non è un semplice contenuto, bensì la materia dalla quale il film ha origine: un silenzio nel quale riflettere, leggere, scrivere, cercare se stessi o una ragione più profonda e oscura; e questo silenzio si avverte in tutto il suo incombere grazie al continuo avanzare e indietreggiare lento della macchina da presa, lungo gli androni o i portici del chiostro (il film è stato girato nel monastero di San Giorgio Maggiore, a Venezia), spesso alle spalle dei personaggi; e nelle inquadrature quasi kubrickiane che imprigionano i protagonisti in una tridimensionalità senza punti di fuga. Il silenzio infine fa risaltare le parole, e viceversa.
Ma perché In memoria di me è così importante? Perché qualunque risposta si possa scegliere alla fine del film, questa risposta non è la cosa che più importa; ciò che più importa è il percorso che si compie per giungervi. Non c'è alcun giudizio nelle scene finali, ma solo una tacita esortazione a non interrompere mai il proprio cammino di ricerca. Ciascuno è diverso da ogni altro, ognuno di noi può comprendere l'amore soltanto nel modo che gli è concesso dalla sua vita e dalla sua storia personale; ma quello che davvero conta è non smettere di interrogarsi, e di cercare.

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