venerdì 24 ottobre 2008

Fine pena mai

Qui ci starebbe il turpiloquio. Primo, perchè questo film è una schifezza inguardabile, un niente. Secondo, perché Fine pena mai è stato riconosciuto, incredibilmente, film d'interesse culturale nazionale dal Ministero per i Beni Artistici e Culturali; è stato finanziato da Eurimages (il Consiglio d'Europa!), dalla Regione Puglia e dalla Provincia di Lecce. Com'è possibile che un simile pasticcio abbia avuto aperte tutte le porte? Non funziona nulla in questo film, nulla; la sceneggiatura è uno scandalo: dovrebbe raccontare la storia vera dell'ergastolano Antonio Perrone, boss della Sacra Corona Unita che sta scontando una condanna a 49 anni sull'Asinara (il film è tratto da un suo libro autobiografico - sì, qualcuno ha pubblicato le memorie di questo tizio); beh, non ci si capisce nulla! Non ci si spiega come quest'idiota abbia potuto diventare quel che è diventato, come abbia cominciato e come abbia finito: il film proprio non lo dice, i nodi narrativi più importanti semplicemente non esistono. Il montaggio di Roberto Missiroli è banale quando non del tutto inappropriato: perché mi fai un alternato se poi la scena finisce nel nulla? Perché mi metti un arresto concitatissimo all'inizio del film e poi le sequenze del carcere dove non si vede anima viva? Ma la cosa peggiore del film sono i protagonisti, poco più che fantocci: il rapporto che lega il boss alla moglie è semplicemente assurdo, perché non c'è senso nelle azioni dei due. Da cosa sono spinti? Che cosa desiderano, cosa cercano? Cosa li tiene assieme? Non si sa, nulla si può supporre, non vi sono indizi o ipotesi da parte degli "autori". Già, gli autori: gli sceneggiatori sono Massimiliano e Pierpaolo Di Mino con Marco Saura; i due registi, Davide Barletti e Lorenzo Conte, fanno parte del collettivo Fluid Video Crew, fondato a Roma nel 1995 da quattro videoartisti di origine pugliese, se non sbaglio. Beh, tutte queste persone è meglio che lascino perdere il cinema, non è il loro mestiere. Ragazzi, come si fa a mettere la voce fuori campo del protagonista se egli stesso non sa dare conto delle proprie azioni? Tanto peggio se si tratta della voce atona da cane bastonato di Claudio Santamaria, qui in una delle sue peggiori interpretazioni (e già il ragazzo non è fra i migliori attori italiani del momento); per tacere di Valentina Cervi, pure lei di solito non eccelsa, che qui ha soltanto un'espressione per tutto il film. Un disastro insomma, la pena che non finisce mai è soltanto quella del povero spettatore; e il film dura soltanto un'ora e mezza.

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