lunedì 10 novembre 2008

Il passato è una terra straniera

Non funziona, l'ultimo film di Daniele Vicari. Lo scrivo con tristezza, perché Vicari è un bravo regista; però Il passato è una terra straniera è stato una grande delusione. Tutto lascia un po' a desiderare: la regia, il copione, la recitazione. Vicari perde ben presto il controllo del film, dopo un inizio promettente e pieno di atmosfera: il racconto si sfrangia, perde senso, si abbandona allo sterile autocompiacimento di sequenze tanto crude quanto insignificanti. Ma dal punto di vista narrativo il film è tutt'altro che agile; parte molto veloce ma non sa conservare il moto iniziale, e alla fine si ferma del tutto; - l'ultima parte è davvero insopportabile, non per la violenza ma per la noia.
Il vero problema del film è però il copione. Il lavoro è tratto dall'omonimo romanzo del 2004 di Gianrico Carofiglio, magistrato barese divenuto famoso negli ultimi anni per i suoi romanzi e saggi; la sceneggiatura è opera di Vicari, Gianrico e Francesco Carofiglio e Massimo Gaudioso. Bene, io non ho letto il libro, ma la scrittura del film è pessima e non si fa mancare neppure gli errori drammaturgici più banali. Il punto più catastrofico del film è il finale, dalle sequenze ambientate a Barcellona in poi: qui si intuisce quello che il film vorrebbe dire, ma ciò viene detto talmente male che perde senso, non sta in piedi. I "buchi neri" drammaturgici non mancano comunque in tutto il film, e mi chiedo se con una sceneggiatura scritta meglio, anche la regia avrebbe potuto essere più robusta. 
Terzo grande problema del film sono, ebbene sì, gli attori. Il difetto nasce sicuramente in fase di scrittura e si aggrava passando per la regia, dato che nessuno degli autori del film ha le idee davvero chiare sui personaggi; la cosa strana è che lo stesso Carofiglio avrebbe potuto in qualche modo intervenire, e non l'ha fatto; se questo significa che il suo romanzo è ben "portato" dal film, i casi sono due: Carofiglio non è un esperto di scrittura per lo schermo, oppure non è un buon romanziere (la prima ipotesi è probabilmente la più verosimile). Ad ogni modo, ecco il cast: Elio Germano protagonista, Michele Riondino copro/an-tagonista, Chiara caselli, Marco Baliani, Daniela Poggi, Valentina Lodovini. Nessuno fa il suo mestiere come saprebbe farlo; forse Vicari non è molto comunicativo con i suoi attori, fatto sta che perfino Elio Germano lascia a desiderare: gira al minimo, si scalda soltanto in un paio di scene (nemmeno molto sensate) e per il resto tira a campare; intendiamoci, non che il suo sia un personaggio memorabile: del suo carattere si capisce poco o nulla, non si sa bene come o perché decida improvvisamente di provare una vita differente e poi di ritornare indietro; l'altro personaggio principale, il baro, è ancora peggiore: dovrebbe essere un mostro a due facce nell'intenzione degli autori, ma è soltanto uno smidollato senza interiorità. Daniela Poggi è inespressiva come non mai, Marco Baliani è come bloccato, Valentina Lodovini è una bambolina e nulla più. Insomma, tutti quelli che hanno lavorato in questo film, autori e attori, avrebbero potuto fare - e hanno fatto in passato - ben di meglio. Evidentemente la chimica ha la sua importanza, al cinema come altrove.

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