giovedì 29 gennaio 2009

Milk

Gus Van Sant è un autore assai eclettico, e il suo movimento continuo fra temi, linguaggi e periodi storici è componente essenziale della sua grandezza. E' importante ricordare questo, specialmente dopo la visione di Milk: perché probabilmente sbaglia chi come me è rimasto deluso dall'impianto tradizionale di questo film. E' chiaro che negli ultimi anni Van Sant è diventato, a ragione, oggetto di una specie di culto: i capolavori che ha girato negli ultimi anni, Elephant, Last Days e Paranoid Park ne hanno fatto una specie di eroe dell'innovazione linguistica, nonché forse il più grande cantore del vuoto spirituale che caratterizza le giovani generazioni della società americana contemporanea. Si trattava di film folgoranti, dalla bellezza pari soltanto alla profondità degli abissi interiori che essi esploravano; ed è importante anche ricordare che in qualche modo i film citati facevano parte di un unico discorso, e di un'unica brama di sperimentare che ha raggiunto il suo orizzonte estremo proprio con l'ultimo Paranoid Park, film oltre il quale sarebbe stato impossibile spingersi.
Un periodo sembra essersi chiuso dunque; e Milk ha l'aria di un film "di transizione", anche se ha moltissimi meriti: si tratta innanzitutto di un'opera di taglio storico, che analizza efficacemente le discriminazioni e la violenza perpetrate dalla società statunitense del secondo Novecento nei confronti dei propri cittadini omosessuali. Un film assolutamente necessario dunque, che getta luce su momenti della Storia recente ben poco frequentati, se non altro dall'immaginario collettivo. L'eroe e protagonista della vicenda è Harvey Milk, primo politico americano dichiaratamente omosessuale, divenuto consigliere comunale a San Francisco nel 1977 e assassinato l'anno successivo. 

Van Sant si concentra sugli ultimi anni della vita di Milk, e tenta di approfondirne la personalità mostrandone anche i lati meno accattivanti (il personaggio sembra caratterizzato da una certa dose di cinismo e opportunismo): ciò è da un lato positivo nella misura in cui il regista rifiuta di darsi all'agiografia, ma risulta in qualche modo inefficace nel descrivere la figura del protagonista, che risulta alla fine un po' sfuocata. Milk è un film piuttosto freddo, in cui le emozioni lasciano il posto alle descrizioni - queste ultime talvolta un po' approssimative: è un buon lavoro, ben scritto e ben girato, ma lontano dal Gus Van Sant che amo di più.
Infine, il film non sarebbe riuscito così bene senza la recitazione straordinaria di Sean Penn, davvero magico; nel cast anche i bravi Josh Brolin e Emile Hirsch.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

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