giovedì 7 giugno 2007

Grindhouse - A prova di morte

Quentin's dead, baby. Quentin's dead. Che tristezza. Ricordo ancora quella sera del 1994 in cui vidi per la prima volta, in televisione purtroppo, Reservoir Dogs. Fantastico, quel film mi cambiò la vita, senza scherzi. Poco dopo arrivò Pulp Fiction, e la storia la conosciamo tutti. Poi, dopo il bellissimo Jackie Brown, film della maturità (apparente), iniziò il declino. Purtroppo Quentin ha fatto il percorso classico di tutti quelli che emergono dal nulla, arrivano ad essere considerati dei geni e finiscono bevendosi il cervello: la prima prova di ciò è stata l'onanistico pulp-ettone Kill Bill, che ha mostrato chiaramente le manie di grandezza del nostro ex-genio; e la conferma è arrivata con quest'ultimo Death Proof.
Lasciando da parte le eventuali discussioni sullo specifico filmico, vedere il film non dà nessun piacere in sè, se non quello legato al ricordo del Tarantino che fu, assieme a qualche risata un po' sforzata. Io non so riconoscere tutte le citazioni presenti nel film; sono sicuro che siano moltissime, ma mi chiedo: e se anche fosse? Costruire un film a colpi di citazioni e autocitazioni a chi giova, se non al regista stesso? Altro che "a prova di morte", questo sembra proprio il funerale del cinema. La pratica del rifacimento e della stratificazione di suggestioni provenienti dalla storia del cinema ha fatto il suo tempo, e chissenefrega del postmoderno! Death Proof e' un film morto, e lo spettatore assiste alla sua putrefazione negli interminabili e beceri dialoghi senza alcun legame con la narrazione, cosi' come nelle smodatissime e vuote scene di brutalita' pianificata che conservano ben poco della mirabile, fiammeggiante violenza degli esordi tarantiniani. Fa rabbia pensare che Quentin, uno degli uomini piu' potenti dell'industria cinematografica americana, uno che puo' fare tutto quello che vuole, abbia perso la testa e si sia lasciato andare in questo modo: la particina che si e' scelto nel film sembra dire molto sullo stato attuale della sua ispirazione, come se il nostro ex-eroe si sentisse perfettamente appagato dal suo ruolo di ''capo della baracca'', con intorno gli amici che lo idolatrano e fanno quello che dice lui, e con l'unico scopo di divertirsi sparando cazzate davanti al bancone di un bar. Va bene, ci sono alcune buone trovate, il montaggio e' divertente, la fotografia (di Tarantino) perfettamente mimetica dei bei tempi andati, ma e' tutto qui. Come dice Samuel Jackson a De Niro prima di sparargli, alla fine di Jackie Brown.

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