venerdì 15 giugno 2007

Still Life

Still Life di Jia Zhang-Ke ha vinto il Bradipo, ehm, il Leone d'Oro lo scorso anno a Venezia: chissà com'erano gli altri film in concorso. Sulla carta il metraggio è di 108 minuti, ma la durata in sala pare almeno doppia. Avete presente quei film orientali languidi, estatici e soprattutto estenuanti, di cui almeno un esemplare è sempre presente ai più importanti festival cinematografici? Still Life ne è la quintessenza. Ci sono due protagonisti, tre movimenti, cinque o sei parti (non ricordo bene) nominate a partire da oggetti del quotidiano come cigarettes, tea, toffee... Il senso di quest'ultima scansione mi rimane oscuro, ma il film sembra possedere un movimento centripeto: dal basso e dall'alto della società cinese, un minatore e un'infermiera arrivano a Fengjie, villaggio allagato dopo la costruzione della Diga delle Tre Gole, per ritrovare rispettivamente la ex-moglie, comprata per alcune migliaia di yuan 15 anni prima, e il marito, scomparso da due anni. La prima e la terza parte del film sono del personaggio maschile, quella centrale è per il personaggio femminile. I due convergono verso uno degli infiniti non luoghi della Cina contemporanea, non incontrandosi mai, ma riuscendo a trovare coloro che stanno cercando; per ripartire di nuovo, infine, con il nulla o quasi alle loro spalle. Al centro del film sembra stare proprio il vuoto che incombe dietro la modernizzazione forzata cinese, un vuoto di valori collettivi e individuali; fin troppo eloquente è l'immagine che chiude il film, un funambolo che tenta di attraversare lo spazio fra due palazzi in demolizione: riuscirà il gigante asiatico a traghettarsi dalla civiltà arcaica a quella globalizzata, o cadrà vittima del suo stesso peso, della propria mancanza di equilibrio? Domande classiche, sentite forse un po' troppo negli ultimi tempi; il buono del film sta nelle notazioni naturalistiche sulla vita dei meno abbienti, in un taglio che tuttavia rifiuta di farsi documentaristico per tentare di conservare un'aura estetizzante dal dubbio valore: i nomi nei titoli di coda sono tutti cinesi, ma il film ha uno sguardo da occidentale, con tutto quel che ne può conseguire in termini di ingenuità e superficialità.

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