martedì 30 gennaio 2007

L'arte del sogno

Chi come me amò Se mi lasci ti cancello (orribile titolo italiano di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, da un verso di Alexander Pope) non perda L'arte del sogno (La science des rêves, 2006). Nel primo film Michel Gondry era soltanto regista (lo sceneggiatore era il sublime Charlie Kaufman), qui è anche autore del copione. E se la cava molto bene, dato che riesce a tenere viva e febbrile l'attenzione di noi spettatori con un film che quasi rifiuta di raccontare una storia e funziona, per così dire, secondo i non-meccanismi dell'attività onirica; ma funziona eccome. Non credo sia facile riuscire a far ridere - e il film lo fa spesso - della materia evanescente dei sogni; così come "riprodurre la casualità è molto difficile", dice la protagonista Stéphanie: eppure L'arte del sogno ci riesce assai bene. Non sono un esperto di funzionamento dell'inconscio, però mi pare che il film non sia un'ingessata summa di trattati psicanalitici vari ma vada molto oltre: oltre la comprensione intuitiva, oltre la banalità, l'ovvio e la noia. Il cinema per Gondry sembra essere il mezzo specifico per scandagliare gli abissi della memoria e del sogno; o sono la memoria e il sogno a essere lo specifico del cinema? Un applauso ai due splendenti primattori, Charlotte Gainsbourg (Stéphanie) - che anch'io amo platonicamente e non ricambiato, e Gael Garcìa Bernal (Stèphane).

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